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07. MÉTAMORPHOSES DE SIMON LE MAGICIEN Des Actes des Apôtres au Faustbuch Wie ein lebendiges Gestirn / Comme un astre vivant

07. MÉTAMORPHOSES DE SIMON LE MAGICIEN  Des Actes des Apôtres au Faustbuch  Wie ein lebendiges Gestirn / Comme un astre vivant

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Date d'ajout : jeudi 18 novembre 2021

par Massimiliano Traversino Di Cristo

Recension parue dans la revue de la Facultà Teologica del Triveneto de Padoue, Studia Patavina, n°68, 2021.


Bernard Pouderon, fine conoscitore della letteratura di età ellenistica e dei primi secoli del cristianesimo, propone in questo volume una tesi coraggiosa: che la figura letteraria del Faust, protagonista di un’opera pubblicata nel 1587 in forma anonima – la Historia von D. Johann Fausten, meglio conosciuta come Faustbuch – e in seguito divenuta celeberrima, sia una trasposizione dell’altra figura altrettanto celebre di Simone Mago, che incontriamo per la prima volta negli Atti degli Apostoli. Pouderon ha lavorato sui temi discussi nel libro per piú di un ventennio, pubblicando una nutrita serie di saggi dal cui «remaniement, pour ne pas dire [...] réécriture» (Ibid.) è nato questo nuovo lavoro. La particolarità della tesi in esso difesa consiste nel vedere in Simone non già uno tra i vari modelli di ispirazione del personaggio del Faust – tesi già sostenuta da altri autori in passato – quanto, piuttosto, nel sostenere una loro «assimilation, et même [...] une totale identification» (p. 13): «De fait, notre thèse peut se résumer en une seule formule», afferma Pouderon, «Faust, c’est Simon, ou, pour le dire différement, il est un autre Simon, un second Simon [...]» (pp. 13-14). Di questa identificazione l’anonimo autore del Faustbuch, che pure si era basato per il suo protagonista su un personaggio realmente esistito, si sarebbe servito per «faire partager [à son lecteur] ses [propres] convinctions politico-religieuses» (p. 14).

Il volume consta di sei capitoli, seguiti da una tavola cronologica, una bibliografia selettiva e un indice dei passi citati: il primo capitolo, dopo aver brevemente presentato Simone alla luce dei riferimenti contenuti nei testi del cristianesimo antico e Faust attraverso alcuni elementi utili alla sua identificazione storica – si tratterebbe di un certo Johann Georg Faust, insieme mago,
astrologo e alchimista, vissuto tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento –, esamina le testimonianze sul secondo, che sembrerebbero di già indicarne «une assimilation implicite» (p. 23) con Simone; il secondo approfondisce la figura di quest’ultimo esaminandola per rapporto alla narrazione tardoantica; il terzo ne discute all’interno di un’analisi delle fonti di epoca rinascimentale del Faustbuch; il quarto si concentra su una fonte determinante per il successo della figura di Simone in età medioevale e per la riferibilità a essa di quella del Faust, le Pseudo-Clementine (un apocrifo disponibile in due versioni e incentrato sulla figura dell’apostolo Pietro); il quinto tratta del Faustbuch nel quadro della polemica religiosa cinquecentesca, con particolare riferimento ad Alessandro VI Borgia, accostato non solo a Simone in quanto papa “simoniaco” per eccellenza, ma anche a Faust e al profeta Zoroastro, altra figura dal carattere leggendario; il sesto, infine, si sofferma sulla figura di Elena di Tiro, una donna che Simone aveva riscattato dalla prostituzione facendone la sua compagna, nella quale una fonte antica, l’Adversus haereses di Ireneo di Lione, disponibile a fine Cinquecento in un’edizione curata da Erasmo da Rotterdam, per prima aveva identificato una reincarnazione di Elena di Troia che sarebbe stata riproposta anche nel Faustbuch.

In relazione allo scopo politico-religioso che caratterizzerebbe, secondo Pouderon, la composizione del Faustbuch, di particolare significato è soprattutto il capitolo quinto, per due elementi tra loro connessi: il primo consistente nell’identificazione di Alessandro VI quale «double de Simon» (p. 142); il secondo nella lettura del Faustbuch stesso alla luce del quadro ideologico determinato dalla Riforma, imperniato sulla critica dei vizi ecclesiastici che proprio il Borgia aveva incarnato nel piú alto grado. Al primo punto soccorre una versione manoscritta del Faustbuch, conservata presso la Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel, tra le cui varianti rispetto alla versione dell’opera andata in stampa figurano anche riferimenti ad Alessandro VI e ai vizi che lo assimilerebbero a Simone e a Faust: «L’auteur», afferma Pouderon parlando del manoscritto, «y dénoncait le pacte qu’Alexandre aurait signé avec le diable, afin qu’il l’aidât à devenir pape. [...] Mais la marque la plus nette de cette assimilation [...] c’est la reprise, mot pour mot, des mêmes accusations à l’encontre de l’un et de l’autre» (p. 144). In merito al secondo punto, Pouderon afferma l’apparente estraneità di Johann Georg Faust alle questioni teologiche e riformate: «Plus particulièrement, aucun témoin ne fait état de relations privilégiées entre le Faust historique et les réformateurs allemands. [...]» (p. 150). Occorrerà allora cercare altrove, nella caratterizzazione data alla trasposizione letteraria del personaggio storico, gli elementi di polemica contro il malcostume religioso, sebbene ciò non dia luogo, secondo Pouderon, a una vera e propria adesione a una delle diverse professioni cristiane: «C’est [...] son activité de “savant” illuminé et de “charlatan” qui est mise en cause à travers les accusations de magie et autres pratiques diaboliques, mais non pas un système de pensée qui ferait de lui un hérétique à part entière, pour l’un comme pour l’autre camp» (Ibid.).

A conclusione di uno studio che è, nel complesso, ben strutturato e argomentato, è significativo che sia l’A. stesso a mostrare due delle possibili obiezioni a quanto sostenuto nel suo libro: la prima relativa alla constatazione che alla data di composizione del Faustbuch Alessandro VI era morto ormai da diverso tempo; la seconda, relativa alla riferibilità o meno del Faustbuch e del manoscritto conservato a Wolfenbüttel a un medesimo autore. In risposta alla prima obiezione, Pouderon rileva come il Borgia potesse servire da «figure emblématique pour dénoncer des abus bien contemporains, et dénoncés, entre autres, par Luther» (p. 188). Rispetto alla seconda, se una paternità distinta delle due versioni sembrerebbe, da un lato, vanificare l’uso dell’una a chiarimento dell’altra – segnatamente, ciò riguarderebbe i riferimenti fatti alla versione manoscritta per supportare l’assimilazione tra Faust, Simone e Alessandro VI suggerita per il Faustbuch –, dall’altro, una loro riconduzione a una precedente versione ispiratrice comune potrebbe forse risolvere la questione. Si tratta di una questione alla quale tuttavia Pouderon volutamente non fornisce una risposta certa, lasciandola a un possibile contributo chiarificatore da parte della filologia germanistica.


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